intro / marianna liosi




In una scena frammentata e strutturata su diversi livelli di visione-azione, chi guarda è guardato e si guarda a sua volta; chi compie può essere anche agito, come oggetto tra gli oggetti.
Le danzatrici esplorano lo spazio circostante muovendosi fisicamente fra sedie e tavoli, indossando indumenti, interferendo su elementi plastici, fluidi, morbidi, elastici e interagendo con il pubblico. I corpi come ready-made, agenti ma al contempo manufatti caducei, distruttibili e deformabili, abbattono le gerarchie tra chi genera e cosa subisce l’azione, stimolando a riflettere sul ruolo dei performer in scena e sulla relazione instaurata con gli oggetti e con l’osservatore.
A questa drammaturgia, costruita durante la performance tra danzatrici e musicista, laterale alla scena, sulla base di un equilibrio precario e in fase di costante ridefinizione, se ne affianca parallelamente un’altra, scritta da una figura ibrida, alter ego del pubblico e al contempo attore in scena. Questo, con una videocamera usata come occhio altrettanto parziale quanto quello dello spettatore, si introduce e documenta, scruta, seleziona porzioni di narrazione o ne tenta il totale dominio visivo. E’ un iper-sguardo che cattura e proietta a parete gli eventi della scena, di cui anche il pubblico fa parte, sfaccettati e parcellizzati oppure moltiplicati in un flusso di immagini che invadono lo spazio e mettono in discussione il punto di vista di chi guarda.
L’osservatore, allora, reso complice come terzo attore dell’azione ed interpellato ad agire direttamente nel corso della performance, è coinvolto in quanto catalizzatore: elemento che, con la mera presenza, innesca variazioni alla struttura narrativa. Se però la sua angolatura di visione viene costantemente spostata e integrata attraverso l’ipersguardo del live filming, la percezione complessiva della scena, di cui è allo stesso tempo parte, sarà quella di una pluralità di realtà diverse, contemporanee e parallele, compresenti in uno stesso qui-ora.
Altra variabile determinante è quella temporale: la durata dell’azione performativa non è stabilita a priori e viene allo stesso modo costantemente rimessa in discussione in corso d’opera, fino al raggiungimento di una soluzione finale condivisa tra gli attori ma non definitiva.
Il progetto Streamline/Queens nasce da una modalità di lavoro particolare su cui si focalizza la ricerca: alla base del processo di costruzione dell’azione sta lo scambio tra i performer Nhandan Chirco / danzatrice e Branko Popovic / live camera, e altri artisti, danzatori e musicisti, invitati di volta in volta a collaborare per contribuire alla creazione della performance. Il lessico e i contenuti di un nucleo di idee iniziali vengono sviluppati, quindi, in progress e seguono una struttura non predeterminata, ma che si definisce durante lo scambio tra i partecipanti e attraverso il confronto con progressive piccole intrusioni “estranee ed esterne” durante i giorni di preparazione, che vengono lentamente metabolizzate e concorrono al risultato finale. Attraverso questo processo gli artisti giungono alla creazione di una sorta di humus concettuale generale, che concretizzano poi attraverso gestualità e musica date in fieri e concertate insieme nel momento stesso in cui avviene l’interazione in scena. Privando i performer di una struttura registica rigida, questo approccio consente loro di rilevare e rielaborare gli input provenienti da una dimensione spazio-temporale determinata, di attribuirvi un senso e di tradurli in azioni a catena nel contesto scenico.

Marianna Liosi / curatrice indipendente